È facile prevedere che, nel 70° anniversario della Liberazione, non molti sottolineeranno il ruolo dei comunisti e ricorderanno il contributo di una personalità come Luigi Longo, che pure ebbe una funzione determinante nella Resistenza italiana. In quei 20 mesi di lotta, infatti, Longo si trovò contemporaneamente al vertice della Direzione Nord del Pci, delle Brigate Garibaldi – in questi due ruoli affiancato da Pietro Secchia – e del Corpo volontari della libertà, accanto a Ferruccio Parri e al generale Cadorna; una posizione strategica, che facilitò l’interscambio continuo che vi fu fra queste tre realtà: il Partito, le Brigate partigiane che esso promuoveva concependole aperte anche a non comunisti, e il Cvl – e il suo Comando generale – come organismo unitario di coordinamento della lotta partigiana.
A Longo peraltro si deve quello che può essere considerato il “documento fondativo” della Resistenza italiana, quel Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l’occupazione e la minaccia di colpi di mano da parte dei tedeschi che, redatto nella notte del 30 agosto 1943 – prima ancora, quindi, che l’armistizio con gli Alleati fosse concluso, anche se la notizia in tal senso era stata confermata da Giaime Pintor – prevedeva la rottura dell’alleanza con la Germania, l’armistizio, la preparazione della difesa del Paese, la collaborazione a tal fine fra esercito, popolo e Fronte Nazionale, l’“armamento di unità popolari”; e infine la necessità di “liquidare tutte le sopravvivenze fasciste nell’apparato dello Stato”, e di “portare ai posti di maggiore responsabilità uomini di sicura fede democratica”.