di Alexander Höbel
Relazione tenuta al convegno del Centro Gramsci di Educazione “Gramsci pensatore unitario contemporaneo”, Roma, 27 giugno 2013
1. Premessa
Uno dei cavalli di battaglia del revisionismo storico – di destra e di sinistra – relativo ad Antonio Gramsci consiste nel separare la figura e l’opera del rivoluzionario sardo dalla vicenda storica del suo partito, presentandoli appunto come due cose a sé stanti e cancellando la strettissima connessione esistente tra loro. In questa fantasiosa narrazione, Gramsci appare come un grande pensatore, in fin dei conti, a partire almeno dagli anni del carcere, staccato dalle vicende reali della sua epoca, e privo di una reale influenza su quel Partito comunista di cui pure era uno dei principali dirigenti. In questo modo, cose che sembravano assodate fino a pochi anni fa – l’influenza appunto della elaborazione gramsciana nella politica del Pcd’I dal Congresso di Lione in avanti e poi l’importanza della riflessione dei Quaderni, e in primis della strategia dell’egemonia, sulla vicenda del partito nuovo togliattiano – vengono del tutto rimosse, quando non trasformate nel loro contrario, ossia nell’affermazione di un dissenso radicale di Gramsci rispetto alla politica del suo partito almeno dalla seconda metà degli anni Venti e di una totale discontinuità tra la sua impostazione e quella del Pci post-bellico.